Articolo scritto da: Annalisa Barbier
Molte persone mi hanno chiesto quale sia la differenza tra ansia ed attacchi di panico: in questa occasione vorrei, dopo aver brevemente definito e spiegato cos’è un attacco di panico, evidenziarne il legame con l’ansia (link articolo ansia).
Ansia ed attacchi di panico possono essere compresenti e di fatto la diagnosi di attacco di panico viene inserita nell’ambito dei disturbi d’ansia ed è ad essi correlata.
Si definisce attacco di panico (DSM-IV, APA): un periodo circoscritto di intensi paura o disagio, durante il quale almeno 4 (o più) dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco di intensità entro 10 minuti (raramente un attacco di panico dura più di un’ora, esaurendosi di solito in 20-30 minuti):
- Palpitazioni, cardiopalmo, tachicardia
- Sudorazione
- Tremori fini o a grandi scosse
- Dispnea o sensazione di soffocamento
- Sensazione di asfissia
- Dolore o fastidio al petto (senso di oppressione)
- Nausea o disturbi addominali
- Sensazione di sbandamento, instabilità, testa leggera o svenimento
- Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (sentirsi come staccati da se stessi)
- Paura di perdere il controllo o di impazzire
- Paura di morire
- Parestesie (formicolii o sensazione di addormentamento di specifiche parti del corpo)
- Brividi di freddo o vampate di calore
Nel caso dopo un primo attacco di panico se ne verificassero degli altri, la definizione diagnostica più corretta è di Disturbo da Attacchi di Panico (DAP), caratterizzato da
- Attacchi di panico inaspettati e ricorrenti
- Almeno uno degli attacchi è stato seguito da 1 mese (o più) di 1 (o più) dei seguenti sintomi:
- Preoccupazione persistente di avere altri attacchi
- Preoccupazione sulle implicazioni degli attacchi e delle loro conseguenze (es. paura di perdere il controllo, di avere un attacco cardiaco, o di impazzire)
- Significativa alterazione del comportamento, correlata agli attacchi
Nel caso del DAP è evidente come la paura provata in concomitanza del primo attacco di panico sia in grado di innescare un circolo vizioso in cui si insedia la paura di avere un altro attacco di panico: l’individuo si trova ad affrontare la vita accompagnato dal timore costante di poter avere all’improvviso un altro attacco di panico. Questo, influisce sulla possibilità di svolgere le attività di tutti i giorni con serenità e nello stesso modo di sempre: spesso, chi è affetto da DAP, si limita nelle attività sociali a causa della comparsa di agorafobia, cioè di ansia relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi o chiedere aiuto nel caso si verificasse un attacco di panico, e sviluppa un disturbo d’ansia legato al timore della ricomparsa degli attacchi. Nel caso di DAP si verifica quindi l’EVITAMENTO, da parte del soggetto affetto, di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene nel tentativo di controllare e circoscrivere il verificarsi di eventuali attacchi di panico, con conseguente limitazione delle attività sociali e riduzione della qualità della vita.
Il primo attacco di panico compare solitamente all’improvviso ed in maniera inaspettata, spaventando molto il soggetto (che spesso ricorre al Pronto Soccorso in preda al timore di un malessere grave), in situazioni di stress elevato o prolungato (perdita di una persona cara, separazione, malattia,matrimonio, nascita di un figlio, preoccupazioni economiche o lavorative, intenso periodo di impegni professionali, l’essere vittima di una qualche forma di violenza,ecc). I primi attacchi si verificano di solito in situazioni agorafobiche (come guidare da soli o viaggiare sull’autobus o metropolitana in città).
È bene ricordare che alcune sostanze possono indurre o facilitare l’insorgere dell’attacco di panico (amfetamina, cocaina, caffeina, astinenza da farmaci). Poiché gli attacchi di panico possono essere provocati da alcune condizioni mediche generali, chi soffre di attacchi di panico dovrebbe effettuare una visita medica per escludere le seguenti patologie organiche:
- Prolasso della valvola mitralica: un problema cardiaco minore che insorge quando una delle valvole cardiache non si chiude correttamente
- Ipertiroidismo
- Ipoglicemia
IL MODELLO COGNITIVO DELL'ATTACCO DI PANICO
MODELLO COGNITIVO DEL PANICO
Uno dei modelli più utili per la concettualizzazione teorica ed il trattamento dell’attacco di panico è quello proposto da Clark (1986), anche conosciuto come il “modello del circolo vizioso”. I “modelli del circolo vizioso” sono molto usati in terapia per contestualizzare, comprendere e trattare i disturbi d’ansia. Questo modello ha molto in comune con la teoria cognitiva di Beck e coll. (1985) e si occupa in particolare dei fattori cognitivi coinvolti nella nascita e nel mantenimento del disturbo da panico (DAP): nel modello di Clark gli attacchi di panico sono il risultato di interpretazioni “catastrofiche” di eventi fisici e mentali, che vengono erroneamente considerati come segni di un imminente disastro (ad es. attacco cardiaco, perdita di controllo e della ragione, morte, soffocamento ecc). Secondo questo modello le sensazioni fisiche male interpretate dal soggetto, sono di solito quelle associate ad ansia, ebbrezza, bassa pressione sanguigna, astinenza da sostanze o alcol, eccitazione. Molte di queste sensazioni – lungi dall’essere prodromi che di un evento tragico – sono piuttosto legate a fatti fisiologici ma se il soggetto le interpreta erroneamente come segni di pericolo imminente, innesca il circolo vizioso che culmina nell’attacco di panico.
Il modello è riassunto nello schema a lato
1) FATTORI SCATENANTI interni/esterni vengono considerati come una 2) MINACCIA PERCEPITA, la quale innesca ANSIA. A sua volta, l’ANSIA elicita una serie di 3) sintomi somatici (tachicardia, dispnea, capogiri ecc) e cognitivi (pensieri preoccupanti). 4) l’ERRONEA INTERPRETAZIONE di queste manifestazioni aumenta il livello di ANSIA la quale a sua volta stimola ulteriormente la comparsa dei sintomi suddetti, innescandosi così un CIRCOLO VIZIOSO basato su sintomi di ansia e loro erronea interpretazione, dando vita all’attacco di panico.
MANTENIMENTO DEL DISTURBO
L’EVITAMENTO delle situazioni e dei fattori (interni ed esterni) che scatenano l’ansia e i sintomi che la caratterizzano porta alla creazione di una serie di COMPORTAMENTI PROTETTIVI che limitano il la vita dell’individuo e gli impediscono di DISCONFERMARE LE PROPRIE INTERPRETAZIONI ERRONEE, con una possibile intensificazione dei disturbi somatici.
Ad esempio, i soggetti che erroneamente interpretano la mancanza di fiato e la dispnea come segni di soffocamento cercheranno di respirare profondamente per evitare di restare soffocati; ma proprio tale comportamento “protettivo” faciliterà l’emergere di ulteriori sintomi e peggiorerà i presenti poiché l’iperventilazione provocherà capogiri e vertigini. in conclusione, i COMPORTAMENTI PROTETTIVI contribuiscono a mantenere l’attacco di panico in due modi:
1) Impediscono alla persona di disconfermare le sue erronee interpretazioni di certi sintomi somatici neurovegetativi (dispnea, tremore, capogiro ecc)
2) Possono peggiorare certi sintomi somatici e cognitivi, rendendo più probabile il verificarsi della situazione temuta.
L’EVITAMENTO in sintesi impedisce al soggetti di provare a se stesso che i sintomi provati durante l’attacco di panico NON porteranno alla catastrofe ma anzi, scompariranno da soli nel giro di alcuni minuti.
In sostanza, a volte è meglio affrontare con coraggio i sintomi dell’attacco di panico per rendersi conto che, nonostante siano terribili e spaventosi, non sono segni di eventi drammatici, e tendono a scomparire dopo alcuni minuti.
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