La Manipolazione Emotiva (ME) avviene soprattutto attraverso una comunicazione verbale e non verbale insana, basata su falsi presupposti, prevaricazioni o sopraffazioni perpetrate ai danni di una persona più debole, o semplicemente non preparata a fare fronte a tali dinamiche relazionali e comunicazionali. E' dunque importante conoscere i presupposti e le regole di base di una buona ed efficace comunicazione, al fine di imparare a riconoscere i segni precoci della ME in atto.
LA COMUNICAZIONE EFFICACE
La comunicazione intenzionale è efficace quando:
l’EMITTENTE riesce a formulare con chiarezza il suo PENSIERO ed esprimerlo in un MESSAGGIO che lo rappresenti fedelmente, mentre il RICEVENTE ne ricava un significato che è il più possibile aderente a quello voluto dall’emittente.
Possiamo individuare già 3 LIVELLI O MOMENTI in cui si possono verificare criticità nella comunicazione:
1. LIVELLO DEL PENSIERO DELL’EMITTENTE: quando chi vuole veicolare un messaggio sceglie il concetto da esprimere e le parole con le quali esprimerlo
2. LIVELLO DELL’EMISSIONE DEL MESSAGGIO: le parole che vengono usate per esprimere ilo messaggio:
• CONTESTO in cui si inseriscono le parole usate
• ELEMENTI NON VERBALI che accompagnano le parole
3. LIVELLO DEL RICEVENTE: la fase in cui le parole dette vengono ascoltate e interpretate
Quindi è importante CONOSCERE COME COMUNICHIAMO, attraverso l’attenzione alle parole che usiamo e agli aspetti non verbali della nostra comunicazione (il tono di voce, la gestualità, pause e velocità dell’eloquio, prossimità fisica, agitazione ecc), e chiedendo all’altra parte conferma per vedere se il messaggio è stato recepito correttamente o se ci sono stati elementi che hanno indotto una distorsione del messaggio o un malinteso.
LIVELLO DELL’EMITTENTE
È importante, quando si vuole mandare un messaggio a qualcuno, avere chiaro il concetto o il pensiero che si vuole veicolare ed esprimerlo in maniera chiara e non ambigua: se non si sa bene cosa si vuole dire e dove si vuole andare a parare, è meglio chiarirsi le idee ed aspettare, e parlare soltanto quando si hanno le idee chiare.
È utile anche imparare ad essere consapevoli di come si comunica: le parole che si usano, le modalità ed il contesto che si scelgono per comunicare. Questo significa fare attenzione a:
- scegliere le parole: meglio usare un linguaggio chiaro e semplice perché l’altro comprenda più facilmente quello che vogliamo dire. Inoltre, è bene considerare anche il contesto in cui avviene la comunicazione perché alcune parole potrebbero essere inadatte.
- esprimere il concetto con chiarezza e completezza, senza lasciare spazio alle libere interpretazioni da parte dell’ascoltatore, né pretendere che comprenda “intuitivamente” quello che vogliamo dire. La lettura del pensiero lasciamola agli spettacoli di magia.
- fare attenzione agli elementi non verbali della comunicazione, che potrebbe inficiare il valore del messaggio verbale (ad esempio, dire “non sono arrabbiato” alzando la voce e agitando i pugni…). Questo accade quando si è in conflitto su cosa fare, e si rischia di dire qualcosa di cui non si è pienamente convinti.
Cosa favorisce la comunicazione a questo livello?
- Parlare in prima persona. I “messaggi-io” sono quelli che iniziano con IO e facilitano la comprensione poiché si fondano sulla comunicazione sincera di un proprio stato d’animo, ed aprono alla condivisione, incoraggiando anche l’altro ad aprirsi. I “messaggi-tu” sono quelli che iniziano con TU, e spesso contengono accuse e colpevolizzazioni che inducono l’altro a mettersi sulla difensiva invece di aprirsi. I “messaggi-si-dovrebbe” indicano impersonalmente cosa si dovrebbe o meno fare, dire o pensare e deresponsabilizzano colui che li usa. L’uso dei “messaggi-io” è molto utile quando si richiede un cambiamento all’altro, o si vuole manifestare una propria esigenza poiché apre all’ascolto e insegna qualcosa di sé all’altro.
- Preferire il linguaggio descrittivo al linguaggio emotivo. Il “linguaggio emotivo” è caratterizzato da toni drammatici ed intensi, ed è colorito ed appassionato. Contiene parole “forti” che esprimono emozioni, ed elementi non-verbali vivaci e teatrali. Viceversa, il “linguaggio descrittivo” è più lucido, chiaro e razionale e ricorre ad affermazioni semplici, emotivamente neutrali e chiare. Ecco un esempio di come si possa dire la stessa cosa utilizzando le due diverse modalità: LINGUAGGIO DESCRITTIVO: “stasera a cena hai parlato poco”; LINGUAGGIO EMOTIVO: “stasera a cena non ti sei degnato di una sola parola. Sei stato pessimo, era evidente che ti stavi annoiando da morire”.
- Utilizzare uno stile Assertivo, piuttosto che Passivo o Aggressivo. Lo stile assertivo è la terza via oltre allo stile passivo e quello aggressivo. L’assertività può essere definita come la capacità di mantenersi concentrati su di sé esprimendosi in maniera ferma, ma senza aggredire, giudicare o offendere l’altro, al fine di mantenere aperto il flusso della comunicazione e trovare una soluzione positiva per entrambi. La comunicazione assertiva è utile nella gestione dei conflitti.
IL LIVELLO DEL RICEVENTE
Il ruolo del ricevente nella comunicazione, è cruciale: infatti, il modo in cui questi percepisce il messaggio e partecipa a manifestare all’emittente attenzione ed interesse, giocano un ruolo importante per una comunicazione efficace.
Un buon ascoltatore infatti, facilita il dialogo e comprende meglio il messaggio che gli viene dato da chi parla, permettendo uno scambio attento e “pulito”.
Cosa impedisce un buon ascolto? Vediamo quali possono essere le potenziali criticità nell’atteggiamento dell’ascoltatore che, interferendo con la capacità di ascolto, minano la comprensione del messaggio e compromettono la comunicazione:
- Essere assorbiti da bisogni/urgenze personali: questo atteggiamento mentale impedisce di ascoltare realmente, poiché si resta concentrati sui propri bisogni e sulle urgenze (ad esempio, pensare a come controbattere, alle domande da fare, a ciò che ci ha fatto arrabbiare ecc). Per ascoltare occorre essere interessati a ciò che si ascolta e non solo a se stessi.
- Nutrire pregiudizi sull’emittente: se si è convinti che sia inutile o persino dannoso ascoltare, o si pensa che tanto non ci sia nulla più da sapere, non si pone attenzione all’ascolto. Inoltre, spesso i preconcetti portano a comprendere il messaggio in maniera distorta o parziale.
- Le emozioni provate: in alcune situazioni, le emozioni che sorgono durante l’ascolto possono essere tanto forti o dolorose da compromettere la capacità di attenzione.
Cosa favorisce un buon ascolto? Per imparare a diventare degli ascoltatori migliori, occorre imparare alcune semplici cose a proposito dell’ascolto “attivo”:
- L’interesse reale e sincero: presupposto fondamentale all’ascolto attivo
- Non ascoltare “per forza”: se non si è in vena di ascoltare con la dovuta attenzione è meglio dirlo apertamente, chiedendo disponibilità a parlare in un momento più adeguato; in tal modo si dimostra interesse e rispetto per l’altra persona.
- Mostrare interesse: durante la conversazione non bisogna dedicarsi ad altro. Occorre ascoltare e manifestare il proprio interesse attraverso domande ben poste e senza interrompere, guardando l’interlocutore negli occhi, restando tranquilli.
- Chiedere chiarimenti: se non si è capito bene qualcosa, è meglio chiedere che costruire malintesi sempre più grandi
- Verificare se si è capito: la tecnica della “parafrasi” è sempre utile quando si comunica. Consiste nel ripetere e formulare con altre parole ciò che l’altro ha appena detto, per vedere se si è capito o no il concetto.
- Non interrompere: occorre controllare la tendenza ad interrompere con domande, affermazioni, chiarimenti personali. Imparare ad aspettare per dire la propria e porre domande, solamente quando l’interlocutore ha finito.
- Non cambiare discorso: cambiare discorso mentre l’altro parla indica disagio, disinteresse, mancanza di rispetto. Meglio evitare e lasciare che sia l’altra persona a farlo se necessario.
- Niente "LETTURA DEL PENSIERO”: non bisogna saltare subito alle conclusioni nella convinzione di sapere già ciò che l’altro vuole dire, perché potrebbero essere completamente sbagliate. Non si è nella testa degli altri e, anche se si pensa di sapere già tutto, è sempre bene assumere l’atteggiamento umile di colui che ascolta per capire.
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Franco Sanna (domenica, 16 ottobre 2016 14:28)
molto chiaro il concetto sulla manipolazione emotiva, complimenti Dottoressa Barbier