Scritto da: Annalisa Barbier
La terapia cognitiva o psicoterapia cognitivo comportamentale (come viene anche denominata in seguito all’integrazione con tecniche di derivazione comportamentista), è un approccio terapeutico sviluppatosi attorno alla fine degli anni Sessanta negli Stati Uniti, grazie agli studi di Aaron T. Beck.
Egli si accorse che i pazienti soffrivano a causa della presenza di una serie di convinzioni e pensieri disfunzionali, che fluivano costantemente insieme ad altri pensieri, e che erano responsabili delle emozioni spiacevoli o dolorose che essi provavano in determinate circostanze. Beck pensò quindi che, se il paziente avesse imparato a divenire consapevole di tali pensieri e delle convinzioni sulle quali essi si basavano, avrebbe potuto consciamente comprendere la ragione della propria sofferenza ed i motivi per i quali essa si manteneva nel tempo.
Egli elaborò quindi un nuovo paradigma di intervento terapeutico, che definì PSICOTERAPIA COGNITIVA, basato sulla consapevolizzazione delle emozioni spiacevoli e dei pensieri ad esse associati da parte del paziente. Egli infatti comprese che, insegnare al paziente a riconoscere le proprie emozioni spiacevoli ed i pensieri che le avevano indotte, li aiutava a mettere in discussione le convinzioni disfunzionali ed errate responsabili dei disagi emotivi e psicologici. Si trattava di un approccio terapeutico innovativo, che vedeva il paziente coinvolto in maniera consapevole nell’analisi e nella comprensione dei meccanismi che producono e perpetrano la sofferenza psicologica.
LE BASI TEORICHE DELLA PSICOTERAPIA COGNITIVA
Si tratta di un tipo di psicoterapia basato sulla considerazione che esiste una stretta relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti che vengono attuati e che i pensieri, e le convinzioni sulle quali essi si basano, sono responsabili del modo in cui ogni individuo interpreta gli eventi quotidiani e reagisce ad essi con il suo comportamento. Infatti, i nostri comportamenti dipendono dal modo in cui interpretiamo e percepiamo gli eventi e le persone intorno a noi.
Il seguente esempio spiega concretamente quanto ho scritto: stiamo parlando con un nostro amico, e lui ci risponde in maniera sgarbata:
1. Possiamo interpretare tale comportamento come una grave mancanza di rispetto e viverlo come un’offesa. In tale caso la nostra reazione sarà di rabbia e disappunto ed il nostro comportamento rifletterà tale interpretazione negativa.
2. Oppure possiamo pensare che si tratti solamente di uno sfogo, legato ad un momento di malessere del nostro amico. In tale caso invece saremo propensi a perdonarlo e ad avere verso di lui un atteggiamento più comprensivo e tollerante.
Vediamo quindi che il modo in cui INTERPRETIAMO gli eventi ed i comportamenti degli altri, influisce decisamente sul modo in cui ci sentiremo e reagiremo ad essi. L’essere umano ha bisogno di interpretare la realtà per poter organizzare l’enorme quantità di stimoli che deve elaborare quotidianamente; negli anni però, tali interpretazioni tendono a diventare automatiche e ad irrigidirsi in schemi che potrebbero non essere più adeguati, né funzionali al benessere della persona, rendendosi quindi responsabili di malesseri psicologici.
Lavorare sulla consapevolezza di tali pensieri, interpretazioni e schemi di comportamento disfunzionali aiuta il paziente a modificarli, e a sostituirli con interpretazioni più sane e funzionali al suo benessere.
Il modello cognitivo considera la presenza di tre livelli di convinzioni:
1. Convinzioni profonde o schemi cognitivi: costituiscono le “fondamenta” cognitive, una sorta di struttura interpretativa di base che regola il modo in cui l’individuo rappresenta se stesso, gli altri e le relazioni con gli altri, ed organizza il modo in cui egli valuta e dà significato agli eventi e al comportamento proprio ed altrui. Producono pensieri il cui contenuto è considerato una “verità assoluta”, ipergeneralizzati e particolarmente rigidi e resistenti alla messa in discussione. Un esempio è la convinzione di “non amabilità”: l’individuo che nutre questa profonda convinzione, tenderà ad interpretare il comportamento altrui e gli eventi, come prove ineluttabili del fatto che egli non merita amore né considerazione.
2. Convinzioni intermedie: sono interpretazioni su noi stessi e sugli altri che ci permettono di prendere decisioni ed organizzare le nostre reazioni nella vita quotidiana. Sono espresse da opinioni (ad es. “è umiliante essere tradito”), regole (es. “DEVO essere sempre il più brillante in compagnia”) e assunzioni (es. “SE vinco la partita ALLORA tutti i ameranno”). Sono più malleabili delle convinzioni profonde.
3. Pensieri automatici: sono le manifestazioni interpretative più immediate ed accessibili alla consapevolezza conscia. Si tratta di immagini, frasi e parole (es. “non sarò mai all’altezza di fare la tal cosa”), che attraversano la mente di ognuno di noi continuamente, e rappresentano una sorta di “dialogo interno” che guida la percezione degli eventi ed il comportamento.
Secondo il paradigma cognitivo, le convinzioni profonde influenzano le convinzioni intermedie, che a loro volta producono i pensieri automatici: ad esempio lo schema cognitivo “non sono amabile” può indurre la convinzione intermedia “se il partner mi lascia significa che sono davvero indegno di amore”, e tale assunzione può portare al pensiero automatico “nessuno mi amerà mai”.
I pensieri automatici negativi sono quei pensieri che attraversano la mente continuamente, in maniera del tutto automatica ed inconsapevole, e che influenzano le emozioni che proviamo ed il nostro comportamento. Vengono definiti “negativi” poiché esprimono considerazioni di natura disfunzionale e sono responsabili di emozioni spiacevoli (come paura, rabbia, tristezza o frustrazione ecc.)
Alla luce di quanto esposto, appare importante imparare a rendersi consapevoli dei propri pensieri automatici negativi, quelli cioè che sono responsabili di indurre le emozioni negative e quindi i sintomi ed il malessere psicologico. Tali pensieri sono di solito il riflesso superficiale di profonde convinzioni disfunzionali, basate cioè su una visione ed una considerazione parziale e distorta della realtà, che possono essere analizzate e modificate al fine di divenire maggiormente sane e funzionali al benessere psicologico.
Le distorsioni cognitive, rappresentano modalità di ragionamento che non seguono una logica corretta e basata sulla realtà, ma ne rappresentano una visione parziale e distorta. Sono molto frequenti nel nostro modo di ragionare, e spesso sono anche la causa di malessere e disagio psicologico, poiché ci portano ad interpretare gli eventi e ad agire in maniera disadattiva e disfunzionale.
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