COS'È UNA TRAPPOLA PSICOLOGICA
Scritto da: Dott.ssa Annalisa Barbier
Le “trappole” psicologiche sono schemi di pensiero e comportamento disfunzionali che ci portano a ripetere gli stessi errori e possiamo riconoscerle attraverso tre caratteristiche fondamentali:
1) Sono pattern o schemi che iniziano nelle prime fasi di vita e perdurano nella vita adulta, alternando momenti in cui sono più attive a periodi in cui lo sono meno. Ci portano a ricreare automaticamente ed inconsapevolmente le situazioni di vita dolorose dalle quali hanno avuto origine;
2) Sono disfunzionali, cioè provocano sofferenza psicologica e relazionale. Sono caratterizzate anche da una certa dose di “autolesionismo” in quanto attraggono proprio verso le situazioni dolorose che le attivano. Le trappole hanno un’influenza estremamente nociva sull'autostima, sul senso di identità, sulla salute e sulle relazioni interpersonali, provocando sofferenza psicologica sotto forma di ansia, depressione, incapacità di sentirsi protetti e felici;
3) Tendono a ripetere se stesse, ad auto perpetuarsi attraverso convinzioni irrazionali, rigidità di pensiero e di comportamento, aspettative negative. La trappola rappresenta ciò che conosciamo meglio, ci è in qualche odo familiare e “rassicurante” perciò, per una spinta alla coerenza che è tipicamente umana, tendiamo a riprodurla. E anche se da bambini ha rappresentato un buon adattamento alla realtà, da adulti diventa inadatta e dannosa.
Le trappole originano nella prima infanzia in seguito alla combinazione di due importanti fattori: il TEMPERAMENTO, che è innato e rappresenta una sorta di “costituzione emozionale”, cioè il modo in cui siamo predisposti a reagire agli eventi e l’AMBIENTE in cui nasciamo e veniamo allevati. La famiglia in particolar modo è il primo terreno di sviluppo della personalità e delle eventuali trappole: se non fornisce sufficienti accudimento, sicurezza e cure amorevoli, il bambino ne risentirà, reagendo al dolore con la costruzione di schemi di adattamento che in origine potrebbero essere in parte funzionali allo sviluppo in quel certo ambiente ma che, nel tempo, diverranno disfunzionali.
La deprivazione emotiva
Quando nell'infanzia di un bambino vengono a mancare aspetti fondamentali quali la protezione, il senso di sicurezza, il rispetto, l’accudimento amorevole, il riconoscimento empatico e la guida, il bambino tenderà a creare una sorta di “reazione protettiva” al dolore provocato da tale mancanza.
Da adulto, molto probabilmente diverrà una persona incapace di aprirsi ad una vera intimità, tendenzialmente solitaria e caratterizzata da un pervasivo vissuto di profonda ed incolmabile solitudine; un panorama desolato in cui nessuno pare conoscerlo ed amarlo abbastanza, e in cui albergano una “fame emotiva” e una sensazione di “vuoto di rapporto” che lo faranno sentire sempre insoddisfatto e mai appagato dalle relazioni sentimentali e sociali. Probabilmente sceglierà - più o meno inconsapevolmente - partner ed esperienze che gli confermino tale vissuto (ad esempio partner indisponibili e distaccati, scarsa partecipazione alla vita sociale per timore di sentirsi rifiutato o giudicato). Possiamo considerare tre sottospecie di trappola da deprivazione emotiva:
1) Deprivazione di accudimento amorevole: i vostri genitori vi tenevano abbastanza in braccio? Vi coccolavano abbastanza? Vi consolavano e calmavano? Giocavano con voi?
2) Deprivazione di empatia e riconoscimento: i vostri genitori erano interessati ad ascoltarvi? Erano capaci di capire i vostri bisogni ed i vostri sentimenti? Comunicavano con voi?
3) Deprivazione di protezione e guida: da piccoli potevate fare riferimento ai vostri genitori per essere supportati, guidati e protetti in caso di bisogno? C’era qualcuno che badava a voi e vi faceva sentire protetti e seguiti?
Da dove nasce?
L’origine di questa “trappola” o schema disfunzionale, risale al modo in cui la figura materna (ossia la persona che ha svolto questo ruolo, principalmente la madre) è stata in grado di prendersi cura del piccolo facendolo sentire protetto, amato e considerato; è questa relazione primaria il prototipo sul quale si modelleranno le relazioni sentimentali del bambino, una volta divenuto adulto.
Nel caso della deprivazione emotiva, il bisogno che è stato negato o insoddisfatto è quello di attaccamento sicuro, che include senso di stabilità, rispetto, accudimento amorevole, empatia, protezione, accettazione ed integrazione; come accade ad esempio nelle seguenti situazioni (J. E. Young e J. S. Klosko, 2004):
Una figura materna fredda e poco o nulla affettuosa, che non intrattiene un legame fisico con il bambino;
La figura materna dedica al piccolo poco tempo ed attenzioni;
I genitori non sono in grado di fornire una guida al figlio, e non rappresentano una figura stabile ed affidabile cui fare riferimento al bisogno;
La figura materna non tranquillizza né contiene il bambino a sufficienza, così che il piccono NON impara a consolarsi autonomamente;
La figura materna incapace di sintonizzarsi con i BISOGNI del piccolo, non entra in rapporto profondo con lui;
Il bambino non ha la sensazione di essere amato, apprezzato e considerato prezioso.
Deprivazione emotiva e narcisismo: la pretesa
Un altro aspetto che si associa al vissuto del “non ricevere abbastanza amore/rispetto/attenzione” è quello della PRETESA. A volte infatti, le persone che sviluppano la trappola della deprivazione emotiva compensano i sentimenti di deprivazione e carenza diventando particolarmente esigenti e richiedenti nei confronti del partner ed assumendo nei suo confronti un comportamento ostile: si tratta della “trappola della pretesa”, tipica delle personalità narcisistiche. In questo caso, la persona si sente autorizzata a pretendere dall’altro (spesso senza verbalizzare tali bisogni) amore ed attenzioni come se questi le fossero dovuti, ed assume un atteggiamento di “entitlement” in cui si sente in diritto di vedere soddisfatti tutti i suoi bisogni diventando fredda, arrabbiata e spesso assumendo comportamenti vendicativi che distruggono la coppia.
Come riconoscere la trappola nelle relazioni
Gli aspetti di questo schema disfunzionale si manifestano soprattutto nell'ambito delle relazioni sentimentali, in cui la persona che ne soffre riferisce un vissuto di poca considerazione da parte dell’altro, dal quale non si sente abbastanza amata e rispettata e dal quale “non riceve abbastanza amore/rispetto/attenzione”.
I pensieri tipici di questa trappola ruotano attorno al senso di insoddisfazione, solitudine e mancato riconoscimento dei propri bisogni emotivi: “Nessuno mi ama come vorrei; non mi amano abbastanza; mi sento comunque solo; non mi danno abbastanza amore, considerazione o attenzione”. La paura di vivere l’intimità emotiva nelle relazioni sentimentali, porta ad assumere comportamenti protettivi quali boicottare inconsapevolmente la relazione non appena l’altro appare maggiormente coinvolto, proteggersi dall'intimità scegliendo partner indisponibili oppure scegliendo partner che pur essendo fisicamente presenti, sono freddi e incapaci di dare amore. Di seguito elenco alcuni dei “campanelli d’allarme” che caratterizzano questi modelli di relazione negativi e che ci fanno capire quando si sta nuovamente scegliendo un partner indisponibile o incapace di dare amore (J. E. Young e J. S. Klosko, 2004):
l’altro non vi ascolta e/o parla sempre di sé
mostra disagio nel baciarvi, abbracciarvi o disagio nell’avere un contatto fisico al di fuori del sesso
è una persona fredda e distaccata
è poco disponibile per voi e questo vi porta a ricercarla ossessivamente
non vi è vicina quando vi sentite fragili
non sembra comprendere i vostri sentimenti e non è interessata a farlo
avete la sensazione di dare più di quanto ricevete
vi sentite svuotati e insicuri oppure arrabbiati e desiderosi di rivalsa
Se vi accorgete di scegliere partner/relazioni con caratteristiche di questo tipo, cercate di fermarvi e comprendere che la trappola si è attivata in tutta la sua potenza. Occorre fare attenzione anche ai segnali legati ai propri atteggiamenti nella relazione, atteggiamenti spesso inconsapevolmente volti a boicottare la relazione al fine di non provare la sofferenza della deprivazione emotiva. Spesso infatti, quando si attiva questa trappola, si diviene particolarmente sensibili ed attenti al più piccolo segnale di trascuratezza e ci si aspetta irrazionalmente che l’altro sia in grado di “leggere nel pensiero” bisogni e desideri, senza doverli esprimere o senza fare richieste esplicite in merito ad essi. In tal caso si tenderà a boicottare la relazione adottando l’atteggiamento della pretesa insoddisfatta: non mi dai abbastanza amore rispetto/attenzioni o non mi fai sentire unico/a perciò la relazione non merita di continuare, oppure adotto contromisure caratterizzate da rivalsa, dispetti, ossessiva ricerca di conferme e fasi alternanti di rabbia e dipendenza. Gli indicatori di questo aspetto particolare della trappola sono i seguenti (J. E. Young e J. S. Klosko, 2004):
non dite al partner di cosa avete bisogno e provate delusione o rabbia se non vedete soddisfate le vostre aspettative;
non comunicate il vostro stato d’animo e vi sentite delusi se il partner non vi capisce;
non manifestate la vostra vulnerabilità e in tal modo il partner non può aiutarvi, proteggervi o farvi da guida
vi sembra di non ricevere abbastanza amore e considerazione ma non dite nulla e covate risentimento
vi arrabbiate spesso diventando esigenti e vendicativi
accusate continuamente il partner di non volervi abbastanza bene
diventate distanti e irraggiungibili, mettete un muro emotivo tra voi e il partner
PROSPETTIVE DI CAMBIAMENTO: COSA FARE PER USCIRE DALLA TRAPPOLA
Sebbene la trappola della deprivazione sia un pattern complesso e radicato sin dalla primissima infanzia, è comunque possibile imparare ad “intercettarla” per evitare di agirla automaticamente, ripetendo sempre lo stesso errore nelle relazioni.
PRIMA COSA CONOSCERE: La prima cosa da fare è imparare a conoscere questa trappola e le sue manifestazioni:
- cognitive (pensieri tipici): il partner non mi dà abbastanza amore, non mi fa sentire speciale, non capisce i miei bisogni, mi sento solo/a e non amato/a, sento che nessuno mi potrà dare l’amore di cui ho bisogno, mi sembra che l’amore del partner non mi basti ma, mi sento comunque solo/a;
- emotive (le emozioni che emergono quando si attiva la trappola): sentirsi offesi e non considerati, senso di vuoto, solitudine e isolamento, sensazione di non appartenenza, tristezza, rabbia e rancore verso il partner, desiderio di vendicarsi, insoddisfazione;
- comportamentali: a seconda della concomitanza di altri schemi disfunzionali secondari, possono manifestarsi comportamenti di isolamento e freddezza emotiva, sottomissione e dipendenza, ricerca ossessiva e dipendenza dall’altro, ricerca di conferme e sicurezze, dispetti e comportamenti rivendicativi, compreso il tradimento seriale.
DUE: rievocare le immagini dell’infanzia in cui si è vissuta la trappola della deprivazione (meglio fare questo passaggio insieme ad uno psicologo che possa essere di sostegno e contenimento): rilassarsi in un luogo tranquillo per lasciar emergere tutte le immagini del passato legate a questo vissuto
TRE: fare attenzione ai sentimenti di deprivazione emotiva nelle relazioni sentimentali e amicali attuali
QUATTRO: riesaminare le relazioni precedenti cercando di evidenziare e chiarire i modelli ricorrenti. Perché sono finite? Che tipo di partner avete scelto? Come vi sentivate con quella persona? Il partner aveva soddisfatto i vostri bisogni? Come vi comportavate con lui/lei? Eravate capaci di chiedere ciò che desideravate? Ecc…
CINQUE: evitate partner freddi e indisponibili che suscitano una elevata attrazione “magnetica” e imparate a stare ben alla larga dai partner che suscitano in voi un’attrazione fortissima “a pelle” perché molto probabilmente si tratta proprio di partner perfettamente collimanti con la “trappola”: persone incapaci di dare amore, e di fornire accudimento e guida.
SEI: date una possibilità alla relazione con persone amorevoli, disponibili ed affettuose anche se non “scatta subito la scintilla”. Potreste avere l’occasione di spezzare gli schemi disfunzionali ed imparare a stare in una relazione in cui vi sentirete amati e rispettati.
SETTE: imparate a chiedere e a parlare apertamente dei vostri sentimenti, del dolore che provate e della vostra vulnerabilità, invece di accusare il partner perché pretendete che soddisfi i vostri bisogni, mostrando solo rabbia e pretese. Altrimenti lo/la allontanerete e rischierete di rovinare a tal punto la relazione da perdere il/la partner.
A volte è molto meglio manifestare la propria fragilità apertamente piuttosto che nascondersi dietro una maschera di pretesa e rabbia, che altro non è che l’altra faccia del bisogno.
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