IL POTERE (non troppo) NASCOSTO DEL DIALOGO INTERNO

Immagine tratta dal sito nuecesyneuronas.com
Immagine tratta dal sito nuecesyneuronas.com

Scritto da: Annalisa Barbier

 

Possiamo considerare il nostro dialogo interiore come l’insieme di considerazioni, affermazioni, assunzioni, regole, doverizzazioni, giudizi, aspettative, ricordi, valutazioni, attribuzioni di significati ecc. che si attiva costantemente in risposta agli stimoli provenienti dell’ambiente esterno (eventi, comportamenti altrui ecc.), o interno (sensazioni fisiche, pensieri, ricordi ecc.).

 

I pensieri che fanno parte del nostro dialogo interiore sono strettamente collegati alle emozioni e agli stati d’animo che proviamo: infatti, quando la nostra mente è occupata da pensieri negativi, il nostro stato d’animo sarà coerente con questi dunque triste, o preoccupato, o arrabbiato ecc. Quando invece coltiviamo nella mente pensieri piacevoli, anche il nostro stato d’animo sarà più “positivo” e sperimenteremo gioia, gratificazione, contentezza, serenità ecc. a seconda della situazione.

Questo dialogo interiore fa parte della normale attività della nostra mente, che è fatta per pensare, valutare, organizzare, interpretare, prevedere, attribuire significati, prevenire difficoltà… insomma è lì per aiutarci a “navigare” attraverso gli eventi della vita nel miglior modo possibile. Proteggendoci ed aiutandoci ad adattarci velocemente e in modo funzionale.

Questo significa però anche che, tutto ciò che tramite l’apprendimento è divenuto automatico (pensieri, reazioni), verrà considerato ed attuato con priorità rispetto a ciò che non lo è: dunque, tutti i pensieri spiacevoli o “negativi” che abbiamo imparato inconsapevolmente ad avere in relazione a noi stessi e a certi eventi, saranno veloci, automatici, prioritari, e in qualche modo da noi considerati “più veri” e realistici degli altri, e dunque difficilmente verranno messi in discussione. Questo purtroppo solo in base alla loro frequenza e familiarità e non sempre in base alla loro reale capacità di descrivere e definire la realtà.

Infatti, quando i nostri modi automatici di interpretare gli eventi, di attribuire significati, di considerare noi e gli altri diventano rigidi, pervasivi e generalizzati, spesso diventano anche disfunzionali poiché ci impediscono di ricorrere a quella flessibilità cognitiva e di comportamento che ci permetterebbe non solo di uscire da schemi inconsapevoli e ripetitivi di interpretazione e reazione (che hanno spesso conseguenze indesiderate), ma anche di riconsiderare con maggiore apertura, realtà e libertà molte cose. Ciò renderebbe indirettamente possibile poter agire con maggiore libertà di scelta (agire e non re-agire) e sperimentare in modo diverso noi stessi, la vita e le opportunità crescere e realizzarci.

 

LE DISTORSIONI COGNITIVE

Senza ulteriormente entrare nel merito del dialogo interiore, vorrei brevemente passare in rassegna le distorsioni cognitive che caratterizzano il dialogo interno, rendendolo rigido e spesso “irrealistico” e producendo in noi malessere e sofferenza. Le distorsioni cognitive (Beck 1979) sono modalità rigide ed imprecise di interpretare l'esperienza, caratterizzate da un processo di ragionamento imperfetto che rappresentano errori procedurali sistematicamente compiuti dall'individuo nel suo processo di attribuzione di significato e di valutazione. 

1)   Pensiero “tutto o nulla” o pensiero dicotomico: quando tendiamo a vedere le cose o bianche o nere, a considerare solo gli estremi, come ad esempio considerare un 28 un fallimento (“se non prendo il massimo dei voti, è come se avessi preso 18”, oppure “se questa cosa non mi riesce alla perfezione, sarà un totale fallimento”)

2)   Ipergeneralizzazione: generalizzare un evento negativo a tutto il resto: “se questa cosa va male, la mia vita è una sconfitta”, “se non capisco bene questo argomento, sono un incompetente assoluto”

3)   Saltare alle conclusioni: dare una interpretazione negativa e pessimistica degli eventi non sulla base dei fatti reali ma solamente sulla base delle nostre previsioni. Ad esempio tramite la “lettura del pensiero” che ci porta a dare per scontato che l’altro pensi male di noi senza verificare la veridicità di questa convinzione.

4)   Sminuire il positivo: svalutare complimenti, feedback positivi ed esperienze positive, come se valessero meno delle esperienze spiacevoli che invece confermano le nostre convinzioni negative. Questo impedisce di ri-valutare e disconfermare le convinzioni negative alla luce dei fatti positivi.

5)   Astrazione selettiva: focalizzarsi e soffermarsi su un singolo aspetto negativo della realtà, o un singolo dettaglio spiacevole perdendo di vista il resto del “quadro”. Ad esempio notare un commensale che sbadiglia mentre parliamo e pensare “sono una persona terribilmente noiosa” senza notare invece gli altri commensali che ci ascoltano con interesse.

6)   Ingigantire/minimizzare: esagerare l’importanza di alcuni eventi negativi (come obiettivi mancati, fallimenti, successi altrui), e sminuire quella di pregi e qualità che possediamo (rifiutare i complimenti…).

7)   Personalizzazione: considerarci causa di problemi, disagi e difficoltà o del cattivo umore degli altri. In questo caso si tende a dare molta o troppa importanza al giudizio degli altri.

8)   Ragionamento emotivo: considerare le proprie emozioni come prova di realtà: provo questo, dunque questo è la verità. Ad esempio: “se provo paura vuol dire che sono realmente in pericolo”, oppure “se mi sento inadeguato vuol dire che non sono all’altezza” ecc.

9)   Affermazioni condizionali/doverizzazioni: queste affermazioni contengono sempre un “devi… non devi…”, oppure “dovresti… non dovresti…” o anche “si deve… non si deve…” e così via. Come se dovessimo continuamente guidare con rigore, giudicare e punire noi stessi e gli altri; formulate su di noi hanno l’effetto di farci sentire inadeguati e in colpa, fatte sugli altri evocano sentimenti di rabbia e indignazione.

10)                Etichettamento: è la tendenza, diffusa e limitante, di giudicare se stessi e gli altri basandosi su comportamenti relativi a specifiche situazioni, attribuendo direttamente un’etichetta negativa, senza argomentare né descrivere altro: “sono un cretino”, “è un egoista” o usando un linguaggio colorito, molto emotivo. C’è differenza tra il descrivere a noi stessi il comportamento che stiamo giudicando nell’altro, considerandone le diverse ragioni, componenti e caratteristiche e attribuire subito una etichetta tipo: “è un idiota-sono un idiota”. Etichettare rende le nostre valutazioni ed esperienze piuttosto piatte ed aspecifiche, non ci rende aperti al cambiamento né ad una realtà sfaccettata, ed impoverisce non solo il nostro linguaggio ma anche la nostra capacità di fare valutazioni più complesse, articolate e flessibili.

 

COSA POSSIAMO FARE?

Immagino che, leggendo ciò che ho scritto sule distorsioni cognitive, molti di noi si accorgano di quante volte queste modalità di pensiero provochino disagio e sofferenza, o ci impediscano di esprimere noi stessi, sperimentare cose nuove, sentirci in connessione con il mondo. Spesso, queste distorsioni rappresentano la radice inconsapevole di molte sofferenze psicologiche e schemi disfunzionali. Allora come possiamo fare per liberarcene, allentarne il giogo e metterle in discussione?

1)   Conseguenze spiacevoli: notiamo le conseguenze spiacevoli che si verificano, quando agiamo in maniera automatica basandoci sulle distorsioni cognitive;

2)   Consapevolezza degli stimoli specifici che attivano in noi certi pensieri e comportamenti, e di quando le nostre interpretazioni sono frutto di distorsioni cognitive. Osserviamoci con curiosità e attenzione: notiamo gli antecedenti, i pensieri automatici che emergono in determinate circostanze, le emozioni e gli stati d’animo che provocano, ed i comportamenti e le conseguenze che ne derivano.

3)   Reframing: o ridefinizione, è una tecnica cognitiva molto utile per modificare il nostro punto di vista e le nostre attribuzioni di significato riguardo un problema o un comportamento. Si rivela utile per i pensieri automatici negativi e le distorsioni cognitive che ne sono alla base. Questa tecnica ci mostra come sia possibile, laddove scorgiamo affermazioni e giudizi interni che iniziano con “sempre” o “mai”,  trovare spiegazioni e modalità alternative di considerare certi comportamenti o percezioni, cercando di capire se esiste un contesto in cui il comportamento che giudichiamo negativamente può assumere una valenza positiva: ad esempio potremmo considerare in questi casi la testardaggine come tenacia, la pigrizia come bisogno di riposo, la rabbia come spinta a superare un ostacolo ecc.

Imparare a fare il reframing (S.L. Johnson): 1) capire come a volte il nostro modo di interpretare un problema possa causarci ulteriore stress e malessere; 2) accorgersi di quali sono gli aspetti della situazione problematica sui quali portiamo automaticamente l’attenzione e ci focalizziamo, sentiamo sentimenti e percezioni che ci attraversano; 3) spostare l’attenzione su altri aspetti (neutri o positivi) della situazione e trovare delle percezioni alternative, che siano realistiche e ugualmente valide per noi di quella automatica messa in discussione; 4) avere pazienza e persistere nell’esercizio in tutte le situazioni che lo richiedono

4)   Dialogo interiore realistico: produrre dei pensieri realistici, validi e credibili che rappresentino una buona alternativa, saggia ed incoraggiante, ai pensieri e alle percezioni negative. Di seguito alcune affermazioni, alcune tratte dal testo di Sharon L. Johnson:

  • Anche questo passerà, e la mia vita migliorerà
  • Posso rendermi amabile ma non posso “farmi amare”: essere amato/a dipende dalla disposizione dell’altro
  • Non sono perfetto/a ma sono perfettibile, e posso migliorare giorno dopo giorno
  • Io valgo, e sono una brava persona
  • Sto facendo del mio meglio, considerata la mia storia personale e le mie possibilità
  • Quel che sarà, sarà
  • Come chiunque altro ho il diritto di commettere errori, e di imparare da questi
  • Guarda quanto sono riuscito/a a realizzare e quanto ancora sto facendo
  • Non c’è nulla di male nel sentirsi sopraffatti o stressati
  • Non sono incapace: sono in grado di fare tutti i passi necessari per imparare (questa cosa, ad uscire da questa crisi ecc.)
  • Continuerò a darmi da fare invece di evitare ed isolarmi
  • Un passo alla volta
  • Posso rimanere calmo/a quando parlo con persone difficili o in situazioni difficili
  • Con il tempo non importerà più a nessuno, nessuno se ne ricorderà più
  • Vale davvero la pena stare male per questo?
  • So che mi riprenderò, qualsiasi cosa accada
  • Questa situazione difficile finirà
  • Ho davvero bisogno di mettermi alla prova in questa situazione?
  • Le opinioni degli altri in fondo, sono solo le loro opinioni
  • Gli altri non sono perfetti, cosi come non lo sono io. Non posso pretendere che lo siano
  • Non sono responsabile di come agiscono gli altri
  • Posso divertirmi anche mentre mi impegno a realizzare i miei obiettivi
  • Scelgo di essere una persona felice/tenace/coerente ecc.
  • Rispetto il prossimo, ho il diritto di essere rispettato
  • Mantenersi ottimisti e padroni di se stessi aiuta a contenere/ridurre lo stress
  • Non esistono emozioni giuste o sbagliate: esistono le emozioni che ognuno prova nel momento
  • Mi impegno ogni giorno a rendere migliore la mia vita
  • Posso restare sereno/a anche nei tempi duri
  • Provare forti emozioni non vuol dire essere sbagliati
  • Le emozioni negative possono comunicarmi qualcosa di importante
  • Soffrire non è segno di debolezza
  • Posso imparare a gestire queste emozioni
  • Posso fare molto per migliorare questa situazione

 

COME FARE IL REFRAMING

Una volta consapevoli delle conseguenze dei nostri pensieri automatici negativi e distorsioni cognitive, possiamo scegliere di modificarli volontariamente, andando a cambiare il modo di interpretare gli eventi. Applicare le distorsioni cognitive al nostro modo di interpretare le situazioni, può rendere più difficile risolvere i problemi, darci da fare, ed affrontare la vita in modo più flessibile e gratificante.

Ecco una semplice guida per fare il reframing.

  1. Individuare l’Antecedente: ossia le situazioni che tipicamente suscitano disagio e sensazioni stressanti.
  2. Notare su quali pensieri ed emozioni ci si focalizza e ci si concentra nelle situazioni identificatE.
  3. Trovare modi più vantaggiosi e positivi, ma ugualmente validi e realistici, di considerare le situazioni critiche, che permettano di fare scelte ed offrano una possibilità di crescita. 

 

Buon lavoro!

 

Leggi anche: Saldi, al sicuro e presentiCorreggere i pensieri negativi; Come neutralizzare i pensieri negativi; Le convinzioni che ci bloccano; Come funziona la terapia cognitiva.

 

Scrivi commento

Commenti: 0